Paese di pietra e di vento, solitario e severo, arroccato in posizione panoramica a circa 350 metri d’altezza e a meno di tre chilometri dal mare.
Appena si entra nel centro storico, si possono ammirare le vestigia di un glorioso ed antico passato.
I vicoli e le pietre, i cortili e i maestosi palazzi alzano ombre e proiezioni: uno squarcio d’eternità si rivela e ci si sente piccoli e volubili.
Uno paese di pietra costruito sulla pietra, così solitamente viene definito Fuscaldo, perché di pietra sono le case, le chiesa, le maggiori opere d’arte, le sue vie irte, strette e tortuose.
Fuscaldo ha una età imprecisata.
Non esistono documenti antichi che ci possono aiutare nella ricostruzione della sua data di nascita. C’e chi dice di origine Osca o Enotra; chi sostiene, invece, che siano stati i greci di Sibari, all’indomani della sconfitta ad opera dei crotoniati, a fondare il suo primo nucleo urbano attorno alla preesistente rocca dell’Elce.
Tuttavia il territorio fu abitato sicuramente dai Romani e si sa che luogo di accampamento al tempo dei Longobardi. Il nome CASTRUM FUSCALDI, infatti, lo si riscontra, per la prima volta, in occasione dell’ invasione longobarda avvenuta tra il 584-591 d.C., ad opera del terzo re longobardo, Autari il Flavio. Peraltro, come non si può negare che le sue origini siano antiche, visto che non si parla di una sua fondazione in epoca a noi più vicina.
Questo affascinante misterio, intorno alle sue origini, contribuisce maggiormente allincanto di un Paese che, disteso sul crinale di una rossa collina, poté comtemplare, immobile, tutti i rivolgimenti storici.
A conferma che il territorio di Fuscaldo fosse abitato in epoca greca e romana possiamo citare il ritrovamento, nei secoli scorsi, di numerose tombe e precisamente quelle in contrada San Leonardo, Garrafa, San Pietro e Lago, tutte contenenti monete e monili di epoca greco romana. Su Fuscaldo, Demetrio De Seta scrive: “Le terme Luigiane, un tempo territorio di Fuscaldo, erano bem conosciute nell´antichità, visitate da Platone quando si recò a Siracusa; da Plinio nelle sue peregrinazioni lungo le coste del Tirreno; si vuole che quelle acque fossero conosciute sotto il nome di ACQUE CALIDAE TEMPSEA e cioè della Tempsa Tirrena di Plinio”.
Il territorio di Fuscaldo, all´epoca della Magna Grecia, era sotto la giurisdizione di Sibari ed era um importante sbocco della via istmica Sibari – S.Marco – Mar Tirreno.
La via istmica si snodava lungo la valle del Follone e, oltre che per il commercio, era nota per il passaggio del re Malosso dell´Epiro, in occasione dell´accerchiamento dei nemici lucani, e per lo sbarco di re Giacomo d´Aragona, in occasione della guerra del Vespro, al fine di sottomettere i paesi della Calabria citeriore, compreso Fuscaldo, che si erano ribellati agli Aragonesi.
Il litorale fuscaldese è menzionato anche come luogo di raccolta e d´imbarco delle truppe in partenza per la Terra Santa: in particolar modo si ebbe un grosso movimento in occasione della Terza Crociata (1189 – 1192) di Ricardo Cuor di Leone.
A ricordo di questo importante evento fanno riscontro il resto di una colonna in pietra sormontata da una croce latina sita in Rione Croce ed un portale in località Castello con lo stemma raffigurante un leone con accanto una croce, scolpiti sul fondo di uno scudo medievale.
Più che in un unico centro abitato, i suoi primi abitanti vissero in tanti borghi sparsi sul grande territorio, che un tempo comprendeva anche Paola, Guardia e Acquappesa.
Questi casali, dislocati a bassa altitudine e sormontanti la paludosa striscia litorale, rappresentavano la più antica popolazione di Fuscaldo.
I principali Casali erano denominati S. Pietro, S. Giorgio, S. Giovanni, S. Nicola, S. Sofia, S. Angelo che esistevano sin dai tempi dei Longobardi ed ebbero certamente contatti commerciali con i paesi vicini, sia via mare che per mezzo delle vie istmiche del Follone e della Serra con la gente del Vallo.
Con la caduta di Roma e la conseguente instabilità politica, le popolazioni dislocate nelle campagne, non più protette, si spostarono verso l´interno e in particolar modo verso il centro fortificato della collina dell´Elce, per una più sicura difesa.
Il motivi di sicurezza che spinsero le popolazioni ad arroccarsi, in quel periodo, procurarono però un invebitabile calo delle attività commerciali con le altre popolazioni vicine che erano prevalentemente maritime.
Is castro dell´Elce, che nel periodo romano doveva essere poco più di una rocca fortificata costituita dal castello e dall´insediamento del Castrum, l´attuale quartiere Rupe, si rispritinoò e si ampliò con l´aggiunta di torrioni e di una seconda cinta di mura in modo d`accogliere le popolazione ciscostanti.
Per l`arrivo dei Longobardi, ma ancor più per la fama della loro ferocia, Fuscaldo si presentava agli invasori con casali abbandonati e con un centro ben fortificato.
Da quel momento iniziò la crescita del secondo nucleo abitativo intorno al castello e all Castru. Il centro altomedievale, arroccato sulla collina, si sviluppò e prosperò.
Solo nel corso del nono secolo, finito lo stato di insicurezza dovuto ai nemici di turno, molti abitanti del castro incominciarrono a stabilirsi fuori le mura per coltivare le terre e dedicarsi al pascolo, alla pesca e al commercio.
Dentro le mura rimasero prevalentemente in proprietari, gli artigiani, il clero e i piccoli coltivatori di terreni limitrofi al nucleo urbano.
Nel corso dei secoli si assistette ad un flusso e riflusso della popolazione che si allontanava e rientrava nel paese a seconda del periodo di pace o di guerra. Il castro era un luogo sicuro.
Pochi effetti sortivano le fulminee scorrerie dei Saraceni, che improvvisamente sbarcavano per razziare e altrettanto velocemente erano costretti a riprendere il largo.
Intorno all´anno 1100 si ha notizia del rientro precipitoso del castro, degli abitanti di S.Angelo, l´attualle Cariglio; c´è chi afferma perché incalzati dai Saraceni o dai Normanni e chi dice, invece, a causa di un´alluvione che devastò le loro abitazioni.
Si parla di otto ceppi familiari che si mensionamo con i logo cognomi: Carnelave, Rao, Chimenti, Colosio, Mantovano, Scofano, Masello e Trotta.
Queste otto famiglie formarono la gentilizia parrocchia di S. Angelo, suffraganea della parocchia di S. Giacomo M.A.
All’inizio dell’XI secolo la Calabria, territorialmente, era un insieme di piccolo possedimenti locali governati da principi, marchesi, conti e signori.
Questi piccoli feudatari si impossessavano dei centri fortificati ed impiegavanó le rendite della terra nel commercio e nell’artigianato.
I paesi, circondati da alte mura e arroccati quasi sempre su colline, si ampliarono.
Nacquero i rioni, prima fuori le mura poi, per una migliore difesa, all’interno della cinta fortificata.
La vita in questi borghi era più o meno uguale e basterebbe far riferimento ad un piccolo centro come Fuscaldo per capire quale fosse il reale ritmo di vita di quelle comunità.
Più che città, Fuscaldo, appollaiato sulla collina e quasi invisibile dal mare, era un grosso borgo con poche migliaia di abitanti intenti ai lavori dei campi, alla pastorizia, alla pesca, al commercio e all’artigianato. Al tramonto, le porte del castello, quella di SUSO, la VERDESCA e di JUSO chiudevano i battenti e, al calare della notte, solo un corpo speciale di militi pattugliava le viuzze deserte, immerse nella oscurità. La sola forma di illuminazione per le vie erano le torce e, all´interno delle abitazioni, le luci ad olio, i luciddre.
Le case in pietra, amalgamate con calce e terra rosa, erano angustee prive di ogni comodità.
Esse erano costituite da uno o due piani al massimo, con eccezione dei pochi palazzi dei signori; a stento i raggi del sole riuscivano a fare breccia nelle viuzze strette e contorte o nelle abitazioni dalle finestre picolle e senza vetri.
Le case dei più fornunati avevano più di due locali molto ampli con cucina-soggiono e la camera da letto, spesso condivisa da tutta la famiglia.
L`illuminazione era scarsa dovuta al denso agglomerato; le pareti erano umide nella stagione invernale e molto calde d´estate.
L´arredamento era per lo più di legno grezzo, lavorato con arnesi rudimentati, costituito da panche, sedie, grandi casse (i casciuni) dove si custodivano le provviste per il lungo e freddo inverno, un armadio credenza (a spundinera o cristallera) a seconda se era ad angolo o a parete.
La stanza da pranzo-soggiorno era corredata da un grande tavolo, sedie, panche e alla travatura era appesa la grata di legno (a Panera) con sopra pane (di miglio) e formaggio (caso). Nella stanza da letto era sistemata una cassapanca, (a cascia), nella quase erano riposti i panni (la biancheria), i strumenti (i documenti), e il denaro ben chiuse in una borsa di cuoio (a vurza).
I ricchi avevano letti con materassi riempiti di piune di volatili o lana, i poveri invece dormivano su sacchi di paglia, (i saccuni i fodere).
Le finestre erano prive di vetro; dall`acqua e dal vento ci si riparava chiudendo gli scuri (i purteddri).
I pezzi sanitari erano due: l´orinatoio, (u pisciaturu pi l`atti picculi), e il vaso da notte (u candaru pi l`atti grandi). Gli escrementi venivano buttati giù dai balconi o dalle finestre oppure depositati in recipienti di legno (ruagni) e transportati negli orti per usarli come concimi e fertilizzanti (i lavazzi).
Le viuzze, strette e sinuose, lastricate di pietre curvate al centro, diventavano fogne allo aperto ove trovavano sufficiente nutrimento galline e maiali. Di conseguenza proliferavano le epidemie quali il rifo ed il colera.
Quando all´alba le porte del paese venivano aperte, numerosi contadini (i furitani) avevano accesso portanto frutta, verdura e altri ortaggi. Tutto era merce di scambio, e al posto delle mele o delle lattughe, si barattavano prodotti artigianali, indumenti o prestazioni varie.
Il castello, come giá si è accennato, sorgeva in cima alla collina circondato da alte mura e da molte torri. All´interno trovavano posto l`abitazione del signore, la cappella della Maddalena la cisterna dell`acqua piovana, le scuderie, le prigioni e il mastio che era di forma quadra e più alto delle altre fortificazioni oggi, impropriamente, chiamato cisterna.
Il castello era un punto strategico d´osservazione e l´orizzonte che abbracciava si estendeva, a perdita d´occhio, verso tutte le direzioni. In prossimità del castello erano disseminate le botteghe dei falegnami, sarti, calzolai, fabbri ferrai, conciatori di pelli, scalpellini, costruttori di sedie, cestai, bottai, ecc. L´industria non era che un piccolo e multiforme artiginato. La bottega, di solito, era situata nella parte bassa della casa (u vasciu o catoio); il lavori si alternava con le faccende della vita domestica (casa e putiga).
I garzoni (i discipuli) facevano parte integrante della famiglia e magiavano spesso al medesimo tavolo e, qualquer volta, dormivano nella stessa bottega.
Questo era lo scenario dell´anno 1000 e niente lasciava prevedere grossi cambiamenti.
Con l`avvento dei Normanni ebbe inizio il feudalesimo anche nella terra di Fuscaldo.
Il primo Signore che si conosca fu Umfredo (1050) che, secondo Pietro de Seta, dovrebbe identificarsi nel normanno Umfredo d`Altavilla. I Normanni, come si sa, furono chiamati dai Signori meridionali come mercenari per difendere i loro possedimenti.
I primi normanni che discesero in Calabria furono i figli di Tancredi, piccolo barone della Normandia. Drogone, Guglielmo e Umfredo d´Altavilla, prima alle dipendenze dei Bizantini, poi dei signori Longobardi, finirono per diventare i conquistatori delle nostre terre e vi si stabilirono definitivamente da pradroni.
Anche Fuscaldo, come quasi tutti i paesi della Calabria, fu assoggettatto ai Normanni, pagando forti tributi.
Umfredo governò la Calabria fino al 1057, anno della sua morte. Prima di morire nominò suo fratello Roberto, tutore dei suoi figli minorenni e amministratore di tutti i suoi possedimenti. Roberto morì il 17.7.1085. Pare che, sia l`uno che l´altro signore, si siano limitati ad amministrate Fuscaldo senza mai risiedervi.
Terzo Signore di Fuscaldo fu Sighelgaita detta Sica, vedova di Roberto di Bubun, tutrice di Umfredo di Bubun. Nel 1100, Sica insieme al figlio Umfredo fece donazione del monastero di S. Michele, che si trovava nel territorio di Fiscaldo, all´Abbazia di Santa Maria della Valle di Josafat di Paola. Sica governò Fuscaldo ed altri possedimenti in Calabria fino alla maggiore età del figlio Umfredo, precisamente dal 1085 al 1114.
Umfredo, figlio di Sica, quarto Signore di Fuscaldo, nel 1114, nel confermare la donazione precedentemente fatta dalla madre, aggiunse i monasteri di S. Giovanni (l´attualle S. Iovani vecchio) e S. Lorenzo, entrambi appartenenti al territorio di Fuscaldo.
Presumibilmente, dopo la morte di Umfredo di Bubun, Fuscaldo seguì la sorte di tutti i possedimenti calabresi che passarono agli Altavilla di Sicilia.
Infatti, Guglielmo II d´Altavilla, conte di Sicilia e duca di Calabria, nel 1118 confermò le succitate donazioni fatte da Umfredo alla chiesa di S. Maria di Josafat.
Prima della fine del 1200, il Lattari menziona un altro Roberto signore di Fuscaldo, forse ancora un Altavilla.
Al tempo dei Normanni si istituì la riunione dei cittadini detta Parlamento dell’Università. Il comune si chiamò Universitas Fuscaldi perché delegato a tutelare gli interessi di tutti (universali) i cittadini.
Nel parlamento, diviso in tre ceti sociali, sedevano i Gentiluomini o Primo Sedile o Nobili, gli artigiani e professionisti, Seconde Sedile o Honorati e il terzo gli onesti e laboriosi cittadini. Presenziava un Luogotenente della Corte di setta terra non perché ne esercitasse il comando, ma perché portasse direttamente al Signore di turno il deliberato dell’Università.
Si decise inoltre che:
Le Università in genere, e in particolare per quel che ci riguarda quella fuscaldese, si riunissero in pubblica piazza. Nei primi tempi le pubbliche assemblee si tenevano nella piazzetta del “Vaglio” detto propriamente Seggio (luogo di riunione) e dopo il XV secolo nella piazza del Torrione, oggi piazza P. De Seta;
Fosse affiso il bando, con l’ordine del giorno, almeno la sera prima dell’assemblea popolare (prima di tramontare il sole) e che il parlamento si tenesse solitamente la mattina di un giorno festivo;
Le elezione dei parlamentari (detti anche reggimentali) avvenissero ogni anno il primo di maggio, nominando un Sindaco dei nobili e uno degli “honorati”, tre eletti dei nobili e tre degli “honorati”;
Le deliberazioni fossero scritte da un cancellieri, responsabile anche della custodia del registro;
Le Università potessero governarsi con leggi proprie.
Con queste innovazioni, volute dai Normanni i coloni da liberi divennero mezzadri. Le terre e i boschi passarono di proprietà dei vincitori che vi pascolavano i loro cavalli e ne sottraevano i prodotti mentre il popolo nullatenente diventava servo e senza diritti.
Fu stabilito un governo fiscale e si obbligò il popolo a pagare numerose regalie: dalla dogana, alla tassa sul grano, a quella sull’erba (pascoli), sui boschi (legna), sulla caccia, sul baco da seta (cucuddri), sull’acqua di mare per usi alimentari, sul viatico ecc.
Alla notizia della riconquista di Gerusalemme, da parte dei Saraceni, partiva dall’Europa la terza Crociata con a capo Federico Barbarossa, il re Filippo Augusto di Francia e Riccardo Cuor di Leone d’Inghilterra. Il Barbarossa, giunto per primo in Asia via terra, batté i Turchi e marciando verso Gerusalemme perì nelle acque del Selef in Cilicia (1190).
Gli altri due re, contrastati dai Bizantini, giunsero separatamente a Gerusalemme via mare.
Ricardo Cuor di Leone ebbe come itinerario: Inghilterra, Marsiglia, Genova, Roma, Napoli.
Da qui via terra, sulla costa tirrenica: Salerno, Sapri, Fuscaldo, Amantea fino a Scilla dove riprese il mare per l’isola di Candia e di lì a Tolemaide, vicino a Damasco (1191).
Passando per Fuscaldo il re Riccardo, fece sosta nell’Abbazia di Santa Maria di Josafat.
A terza crociata si concludeva nel 1192 con onorevole trattato. Saladino stesso si impregnò di tollerare largamente la regilione cristiana in tutti i suoi territori estesi dal Nilo all’Eufrate.
Nel 1200 la Calabria cambiò padroni e ai Normanni subentrarono gli Svevi che vi rimasero per più di mezzo secolo.
Con l’Imperatore svevo, Federico II, arrivarono Paolino e Matteo di Tarsia che diventò signore di Fuscaldo.
Nel 1200 Matteo di Tarsia donò al monastero di Fonte Laurato dei PP. Cistercensi, sito in Fiumefreddo, il terimento di Paola, di cui egli era Signore.
Con la presenza del PP. Cistercensi il tenimento di Paola si accrebbe di abitazioni e si transformò in casale.
Nell’anno 1204 Matteo di Tarsia, signore di Regina e di Fuscaldo, concedette l’edificazione di una casa di religiose nelle terre di Fuscaldo.
Intorno all’anno 1255 il quadro politico cambiò: agli Svevi subentrarono gli Angioini e conseguentemente cambiarono anche i signori di Fuscaldo.
Al signore di Tarsia succedette un certo Bernardo del Poggio, milanese, figlio di Gentile del Poggio venuto in Calabria al seguito degli Angioini.
Fu sotto il suo foverno che i Valdesi della Val Pellice ebbero in concessione le terre di Guardia e fu sempre il del Poggio che nel 1282 intentò causa contro i monaci di Fiumedreddo per recuperare il tenimento di Paola come parte del feudo.
La causa si fece a Napoli e le argomentazione dei monaci, in sostegno della lore legitimità, facevano luce sul fatto che sebbene Paola fosse nella pertinenza del Castel dell’Elce di Fuscaldo, il castro invece non lo era. Infatti, al tempo della donazione non vi era alcun casale nel luogo detto Paola e, nella donazione di Umfredo di Bubun, si parlava di un tenimento.
Dal processo si evinse chiaramente che Paola era nella circoscrizione di Fuscaldo, che all’epoca della donazione era un tenimento con uomini intenti a coltivarlo e che solo successivamente si costituì in casale.
Ritroviamo Paola successivamente sotto la pertinenza di Fuscaldo e perciò si presume ne avesse il diritto.
Sino al 1746 il territorio di Fuscaldo, Paola e Guardia è stato promiscuo non pagandosi “bonatenenza” fra loro.
Nel 1455 Paola siriscattò in linea amministrativa da Fuscaldo, istituendo la sua libera Universitas civica.
Morto Bernardo del Poggio gli successe il figlio Boemondo.
Per cizza mezzo secolo non si ha notizia di altri Signori.
Intorno al 1282 e il 1332 si parla di un certo Giovanni Manforte venuto al seguito degli Angioini.
Giovanni Manforte ottenne Fuscaldo in cambio di alcuni beni siciliani dati agli Aragonesi dopo la guerra dei “Vespri siciliani” combattuta tra Carlo I d’Angiò e Pietro III d’Aragona.
Dopo il Manforte G.B, Giglio indicò, come successore, un certo Carlo da Fuscaldo e Gualtiero di Fiscaula. Sotto uno di questi tre ultimi signori (con probabilità sotto Gualtiero) il re Giacomo d’Aragona, reduce glorioso per la ripresa di altri paesi sulla costa tirrenica, assediò e riconquistò Fuscaldo nel 1289.
Gualtiero venne mandato come ambasciatore in Sicilia nel 1296 presso il re Giacomo d’Aragona con l’incarico di far conoscere al re la sottomissione del popolo fuscaldese.
Dal 1332 al 1336 fu signore di Fuscaldo Francesco da Fuscaldo.
Dice il Lattari: “Di costui si ha notizia dagli atti dei maestri tesorieri dell’epoca che gli addebitano delle somme riscosse pro addobbamento pro castro Fuscaldi cum casalis sueis quod tenet in feudum antiquum sub servitiis unius militis”.
A Francesco successe Carlo da Fuscaldo, probabilmente il figlio.
Il nome Fuscaldo `edi origine incerta. Probabilmente esso deriva dal termine latino-germanico “FUSCUS – ALDUS” citado nel documento longobardo “Codex Diplomaticus Cavensis” che risale all’anno 872 d.C.
Fuscus – Aldus è composto dalla parola latina Fuscus = fosco – scuro, riferendosi alla roccia di colore rosso su cui sorge il paese, e dal termine germanico Aldus, cioè vecchio – antico.
Nel “Codex Diplomaticus Cavensis” si legge di una compravendita tra un certo Aloisio figlio di Foscoaldi e Ciselperto figlio di Rattipardo. L’atto natarile è stato stilato da un certo Aloino di Salerno e riguarda un terreno sito in località – “Rebecca” di Pesco.
C’è un’altra interpretazione, poco attendibile per la verità, che spiega in altro modo l’origine del nome di Fuscaldo: esso deriverebbe dal latino “Fons calidus”, fonte calda, in riferimento alla vicinanza del borgo ai bagni di Guardia, una volta facente parte del territorio di Fuscaldo.
Noi dubitiamo che possa derivare dalle acque calde di Guardia, distanti alcuni chilometri dal paese; ma, se questa e non altra fosse l’origine del nome, optiamo più per la sorgente di acqua calda esistente nelle vicinanze del nostro convento di S. Francesco. Ancore oggi la località posta tra il convento e il fiume Maddalena vieno denominata “Acua calda”.
Ultimamente lo storico Romano Napolitano, nel suo libro intitolato “Storia delle origini di Paola e di Fuscaldo”, afferma che esse derivi dal latino: fuscus (= fosco, bruno, cupo, scuro) e dal germanico Wald = bosco, (terreno demaniale incolto e boscoso), e significa, propriamente, “bosco cupo, oscuro, ombroso”; il che riflette esattamente, ancora oggi, la realtà topografica locale di quel paese boscoso montano, circondato, quasi da ogni parte, da fitta e scura vegetazione! Da Fuscus + Wald si è dunque formato Fuscowaldo: da questo poi, per caduta della – w – intervolalica, è derivato Fuscoaldo, come nei primi documenti medievali”.
Fin qui Romano Napolitano e noi, a conferma di ciò, asseriamo che ancora oggi una località vicina al fiume “Guardaro” è denominata Vardaro.
Nel corso dei secoli, il nome di Fuscaldo è stato riportato nei documenti in diversi modi:
Castrum Fuscaldi, durante il dominio Longobardo intorno all’anno 589 d.C., Foscoaldi nell’anno 872, Foscoaldo nel 1140, Fuscaldi nel 1223, Castro Fuscaldi nel 1324, Fiscalda nel sedicesimo secolo; tra i più recenti Fiscaldi, Fuscaula ed infine Fuscaldo.
Il fatore sicurezza fu senz’altro i’elemento decisivo che determinò la scelta del sitio di Fuscaldo antico. All’inizio fu soltanto una modesta rocca al culmine della colina. Solo in seguito ebbe un insediamento a testa di crinale sulla rupe al di sotto del castello.
Visto dall’alto, il quartiere Rupe mostra esattamente una forma quadrata, tipica dello insediamento romano.
All’inizio tre erano le porte principali di accesso al paese: la porta di Juso (sotto), la porta di sopra Suso e la porta Verdesca o del Vaglio (dal latino vallum, il vallo romano che era un campo cinto di argini fortificati).
Di questa prima cinta è ancora visible la porta di Juso, mentre una torre di guardia e una piccola porta di accesso, oggi sottopassaggio che porta alla fontana del Forno, sono parzialmente conglobate nelle costruzioni civili di Santoro e Giglio in Via Francesco Lattari. La prima chiesa di questo nucleo era quella di Santa Lucia, un tempo conosciuta col nome di Santa Maria della Piazza.
Infatti, da notizie ricavate dall’archivio parrocchiale, si è accertato che questa e non la Matrice è da considerasi la prima chiesa in ordine di tempo.
Fino all’arrivo dei romani si presume che la rocca primitiva e le poche case che si affacciano sul costone lato est, l’attuale quartiere la Verdesca, furono sufficienti sia per la difesa che come abitazione dei cittadini.
In virtù del principio che la suprema versatilitá dell’architettura militare consiste nel sapersi adattare al terreno e alla peculiarità del luogo, i costruttori dettero al castello una forma irregolare: una lunga cinta muraria a nord e ad ovest dove il dirupo rendeva quasi impossibili gli assalti dei nemici, mentre dalla parte piú aperta della zona sotto il castello e zona verdesca, mura alternate a torrioni.
Un torrione era ubicato esattamete ove oggi sorge la vasca dell’acqua e di certo altri due erano posti in prossimità dell’entrata principale, l’attuale piazzetta del vaglio.
La porta di Rupe abbascio o porta di Suso, considerata secondaria, stava tra il baluardo lato Pesco e quello del Vaglio.
La Porta Verdesca, aperta sul lato sud delle mura, era l’ingresso del Castello mentre la Porta di Juso quello principale del Castrum romano.
La via principale che portava al centro abitato, partendo dal mare, seguiva il corso del fiume Guardaro passando per l’avamposto fortificato di S.Giovanni vecchio, l’attuale zona dei mulini, la via della Canaletta, e su per il costone fino al castello.
Nei secoli sucessivi, con il rientro dentro le mura della popolazione circonstante che viveva nelle case coloniche, sono venuti a formarsi altri, ma, sempre sulla falsa riga e in stretta dipendenza di questo primo nucleo.
Dopo il 1000 nascono i quartieri Sotto il Castello, Chiesa Matrice e Piazza. Tra il 1000 e il 1500, e precisamente in occasione della numerazione dei fuochi, che corrisponde all’odierno censimento, oltre ai quartieri su citati si aggiungono quelli di Porticella, Spirito Santo e la Rupe dell’Annunziata, oggi non più esistente.
Col sorgere di questi nuovi quatieri si costruisce la seconda cinta feudale.
Nel 1643 si fa menzione dei nuovi rioni Linza, Croce, Passo e della terza cinta di mura della zona nord, quali Vico Funari, Via Piana degli Artisti, Sopra l’Orticello, Porta Marina.
Delle antiche mura che costituivano la cinta muraria, se si esclude la parte che dalla Porta Marina dietro il palazzo Jannuzzi sale verso la Via Piana degli Artisti, nel paese restano visibili soltanto pochi tratti.
E’ importante notare che con la nascita di un rione si realizza una nuova chiesa. La chiesa Matrice (1166) per i quartieri Sotto il Castello e Piazza, la chiesetta del Carmine (1500) per il quartieri della Verdesca, la chiesetta dello Spirito Santo (1500) per la Rupe della Annunziata e Porticella, la chiesa di S. Giovanni per il nuovo rione Croce (1600).
Sistematico è anche il metodo di espansione dell’abitato, che avviene sempre a ridosso delle mura di cinta e sulle direttive di entrata al paese.
Ancora oggi, percorrendo la via Fanuele, si notano le mura della seconda cinta feudale utilizzate per le costruzioni private.
Nei secoli scorsi i terreni sotto la Piazza, di proprietà della Parrochia di S. Giacomo, erano adibiti ad orti e solo nel XVII secolo furono suddivisi per edificare. I lotti di sei metri per sei venivano assegnati dai parrochi ai richiedenti previo pagamento di un canone annuale e con l’impegno di scolpire sul portale le iniziali di S. Giacomo “S.G.”.
Le nuove costruzioni popolari non si discostano di molto dallo schema del vechio Castrum: case piccole con pareti e scale in comune ed estrema economia di spazi e materiali.
Dalle viuzze strette e tortuose, dai percorsi gradonati, dagli stretti sottopassi, si evince inoltre la esigenza difensiva dei primi abitanti che dovevano tutelarsi da attacchi improvvisi provenienti esclusivamente dal mare.
Fuscaldo ebbe uno sviluppo lento e povero fino al 1500, epoca in cui incominciò a notarsi un notevole risveglio culturale ed edilizio. Si realizzarono, infanti, in questo periodo, i famosi palazzi dei Valenza, Calabria, Montesani, Vaccari, Lattari, Plastina, Mazzei e Martini formandosi quella casta di nobili che nella buona o cattiva sorte, insieme ai marchesi Spinelli, catterizzarono la vita sociale di Fuscaldo per diversi secoli.
Antonio Pupo
Monumento in onore degli eroi combattenti di Fuscaldo, Italia, nella Prima Guerra Mondiale. Motivati dal Trattato di Londra, hanno combattuto insieme agli altri soldati dei paesi alleati nel Triple Entente, poi, dopo la fine della guerra, furono traditi dal Trattato di Versailles. L'elenco dei monumenti contiene i nomi dei soldati e dei ufficiali cittadini di Fuscaldo che hano combattuto nella guerra, compreso il nome del nostro antenato Soldato Giuseppe Stávale.
Monumento em homenagem aos heróis combatentes de Fuscaldo, Itália, na Primeira Guerra Mundial. Motivados pelo Tratado de Londres, lutaram ao lado dos países aliados na Tríplice Entente, posteriormente, após o fim da guerra, foram traídos pelo Tratado de Versalhes. A lista do monumento contem os nomes dos soldados e oficiais cidadãos de Fuscaldo que combateram na guerra, inclusive o nome do nosso antepassado Soldado Giuseppe Stávale.
Monumento en homenaje a los héroes combatientes de Fuscaldo, Italia, en la Primera Guerra Mundial. Motivados por el Tratado de Londres, lucharon al lado de los países aliados en la Triple Entente, posteriormente, después del fin de la guerra, fueron traicionados por el Tratado de Versalles. La lista del monumento contiene los nombres de los soldados y oficiales ciudadanos de Fuscaldo que combatieron en la guerra, incluso el nombre de nuestro antepasado Soldado Giuseppe Stávale.
Monument in honor of the fighting heroes of Fuscaldo, Italy, in the First World War. Motivated by the Treaty of London, they fought alongside the other soldiers of the allied countries in the Triple Entente, later, after the end of the war, they were betrayed by the Treaty of Versailles. The list of the monument contains the names of the soldiers citizens of Fuscaldo that fought in the war, including the name of our ancestor Soldier Giuseppe Stávale.
Vindicando o nome e o direito da Itália, cairam ascendendo para a soberba glória de apoteose. Fuscaldo, memória exposta porque a lembrança dura por séculos e séculos.
Vindicando el nombre y el derecho de Italia, cayeron ascendiendo a la soberbia gloria de apoteosis. Fuscaldo, memoria expuesta porque el recuerdo dura por siglos y siglos.
Vindicating the name and right of Italy, they fell ascending to the superb glory of apotheosis. Fuscaldo, memory exposed because the memory remains for centuries and centuries.
Origem: Wikipédia, a enciclopédia livre.
O Tratado de Londres de 1915, também conhecido como "Pacto de Londres" (em inglês: London Pact e em italiano: Patto di Londra), foi assinado em Londres em 26 de abril de 1915, através da qual a Itália entrou na Primeira Guerra Mundial ao lado da Tríplice Entente. O tratado foi secreto e os países signatários foram: Itália, Grã-Bretanha, França e Império Russo.
Sob o acordo, a Itália receberia a áreas habitadas por italianos na Áustria-Hungria, grande parte da costa da Dalmácia e o resto do território dos Balcãs do Império Austro-Húngaro seria dividido entre os três estados independentes: Sérvia, Montenegro e Croácia.
Em troca, a Itália concordou em deixar a Tríplice Aliança, que unia os impérios alemão e austro-húngaro, e entrar na guerra ao lado da Entente. A mudança de lados já havia sido acordado no início de setembro de 1914, em um acordo secreto assinado em Londres. A entrada na guerra deveria ocorrer em menos de um mês desde a assinatura do tratado e isso foi feito, com a declaração de guerra dos italianos que foi proclamada em 23 de Maio.
Em particular, a Itália receberia:
Ao Reino da Sérvia foi prometido:
Ao Reino de Montenegro seria concedido:
Ao Reino da Sérvia foi prometido:
Os italianos reclamaram que a posse da costa entre Zara e a Istria fossem decididos depois da guerra, ao que aceitaram os países da Entente. Além disso, insistiram que qualquer acordo deveria ser comunicado à Sérvia, o que falhou visto que a Entente enviou uma nota oficial sobre o mesmo em 4 de agosto de 1915, que indicaram seus ganhos territoriais que receberia depois da guerra.
O pacto, que deveria ter permanecido em segredo, foi publicado pelos bolcheviques russos após a sua aquisição da Izvestia em novembro de 1917.
Na Conferência de Paz de Paris, os italianos expressaram seu desejo de negociar apenas com a Sérvia e Montenegro como aliados durante a guerra, mas não com representantes do inimigo derrotado, uma categoria que englobava representantes do novo Reino dos Sérvios, Croatas e Eslovenos. Seu desconforto com a delegação iugoslava foi ainda maior quando se contou entre os seus membros ex-suplentes do Império Austro-Húngaro (como os croatas Ante Trumbić, Josip Smodlaka e o esloveno Otokar Rybář). Um delegado esloveno, Ivan Žolger, foi ainda ministro da Áustria durante a guerra.
O acordo foi finalmente revogado pelo Tratado de Versalhes e o presidente dos Estados Unidos da América Woodrow Wilson, que apoiava as aspirações eslavas, não reconheceu o tratado que o seu país não tinha assinado, rejeitou as exigências italianas sobre a costa da Dalmácia.
A partição do Tirol foi confirmada no Tratado de Saint Germain.